Petracca: all’Udc il merito dei risultati raggiunti per l’Irpinia

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Intervista rilasciata a “Il Ciriaco” a firma di Claudio Papa

Dall’accordo in extremis con De Luca, e ovviamente, alle polemiche che ne sono seguite, alla campagna elettorale che, per l’Udc, è quantomai importante. Un test per capire il radicamento del partito e le prospettive future. A guidare la lista il coordinatore provinciale, Maurizio Petracca.

La sua campagna elettorale si sta caratterizzando per gli incontri sul territorio, lontano dal clamore mediatico. E’ una scelta mirata?

«Naturalmente sì. Lascio ad altri le gigantografie, le affissioni abusive, i manifesti selvaggi e tutti gli altri effetti speciali. La nostra è una campagna elettorale di contatto, di prossimità, di ascolto. Non è la prima volta che impostiamo così il nostro percorso fino al voto. Siamo convinti che questa sia la formula più efficace se davvero si vuol dare un senso alla campagna elettorale».

Cosa ha registrato in questi primi giorni, in riferimento soprattutto alle richieste che arrivano dalla provincia?

«Una condizione di difficoltà generale e anche di distanza rispetto alla politica. Le esigenze che arrivano dalle comunità sono di attenzione verso i problemi dell’occupazione, un’organizzazione più puntuale dei servizi pubblici, a cominciare dai trasporti, e soprattutto la possibilità di avere rappresentanti che conoscano le questioni, che le approfondiscano, che si facciano interpreti delle necessità dei cittadini. E’ una richiesta quasi rassegnata alla quale bisogna rispondere con determinazione e con spirito di servizio».

Al di là delle scelte politiche cosa di buono ha consegnato questa esperienza di governo regionale appena conclusa e che cosa invece bisogna cercare di realizzare ancora?

«Ci sono risultati raggiunti che io sento di ascrivere interamente all’Unione di Centro. Siamo stati la spina nel fianco, l’anima critica per Caldoro. Che non sempre, quasi mai, ha favorito la nostra azione sul territorio. In tema di rifiuti, di sanità, di infrastrutture abbiamo centrato, soprattutto per l’Irpinia, degli obiettivi significativi. Il prezzo è stato la trincea permanente a palazzo Santa Lucia. Restano ancora grandi temi da affrontare. Faccio riferimento alla riforma dell’istituzione regionale, al trasferimento dei poteri, alla sburocratizzazione e a qualche vicenda simbolo come quella dei forestali. Annunciare oggi lo sblocco di risorse per gli operai forestali, a ridosso del voto, significa voler strumentalizzare la difficoltà di migliaia di persone».

La nuova organizzazione della Regione è uno dei temi cardine del vostro programma elettorale: da dove si deve partire, anche per rilanciare le zone interne?

«Dal trasferimento dei poteri agli enti locali. E’ il punto qualificante della nostra intesa con De Luca. Significa, tra l’altro, affidare ai Comuni, anche in forma associata, la titolarità dei fondi comunitari. In soldoni, procedure più snelle, modalità più agevoli di accesso ai finanziamenti, riduzione dei tempi di pagamento. Le aree interne non potranno che beneficiare di questa nuova impostazione. La distanza con Napoli in alcuni casi è siderale. Dare più poteri ai Comuni significa accorciare le distanze tra il cittadino e l’istituzione».

Che idea si è fatto della polemica sugli impresentabili nelle liste di De Luca?

«Che gli impresentabili, come vengono definiti, ci sono anche nelle liste di Caldoro. Poi questi temi diventano oggetto di campagne di stampa, lasciando sullo sfondo le questioni vere. Farne una questione che appartiene ad una sola coalizione significa dare vita ad una stucchevole strumentalizzazione che nasconde il vuoto di idee, di contenuti».

Il vostro posizionamento, rispetto a quello di Ncd, può minare il percorso di Area Popolare?

«Il progetto di Area Popolare continua. La verità è che in Campania si grida allo scandalo perché in ballo c’è una personalità del calibro di Ciriaco De Mita. La verità è che nelle altre Regioni chiamate al voto non c’è una posizione univoca di Area Popolare o delle forze politiche che vi stanno dando vita. Basterebbe pensare al caso della Puglia o delle Marche. E’ il segnale di un’intuizione che c’è, ma che ha bisogno di un tempo di gestazione un po’ più lungo».

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